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Eurasia sul Mekong

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Difficile dire se sia una coincidenza. Ma è un fatto che il governo del Laos ha annunciato l’inaugurazione dei lavori della più grande diga idrolelettrica sul principale corso del fiume Mekong proprio alla vigilia di un vertice internazionale importante, l’ASEM. E’ un organismo che si è già riunito 8 volte in diverse città dei due emisferi, e quest’anno tutti i 51 Paesi membri sono stati ospiti del governo laotiano: c’erano  i 27 Stati dell’Unione europea più i 13 delegati orientali dell’Asean, oltre ai giganti dell’area come India e Cina, l’Australia e altri.

Tema della nona sessione, “Amici per la Pace, Partner per la Prosperità”.

Mario Monti parla all'Asem

Mario Monti parla all'Asem

PROSPERITA’ – I primi ministri – tra i quali il nostro Mario Monti – e i loro delegati, sono venuti soprattutto a parlare di affari e di cooperazione, specialmente in tempi di crisi. Il leader francese Hollande e quello italiano hanno chiaramente detto al vertice che le economie forti dell’Est hanno tutto l’interesse ad aiutare la ripresa di quelle europee deboli, così da averle come clienti ed eventuali partner una volta rimessi in sesto i conti dell’euro.

E’ una cosa delicata, che vede le diplomazie occidentali impegnate a convincere i freddi asiatici della solidezza della moneta alternativa al dollaro e dell’affidabilità dei contratti. Il Laos che ha ospitato il summit non è tra i membri Asem espressamente invitati dall’Europa a mettere mano al portafoglio, essendo uno dei più poveri della regione. Ma la Thailandia sì, con i suoi dati in crescita nonostante i disastri naturali e la crisi, oltre ai record di esportazione su molti prodotti come riso e gamberetti, senza contare il turismo.

Ora succede che compagnie thai come Ch Karnchang Plc, PTT Pcl e l’autorità elettrica governativa (Egat), siano la maggiori partner della Xayaburi Power Co, creata appositamente per realizzare la grande diga. Ruspe e macchinari hanno già iniziato a devastare decine di chilometri quadrati di foresta pluviale con l’obiettivo ormai vicino di dislocare alcune migliaia di ex contadini e pescatori, nonostante le proteste di ambientalisti e abitanti locali, che erano riusciti a bloccare il progetto per quasi due anni.

Mappa delle dighe fatte o previste sul Mekong (fonte Bbc online)

Mappa delle dighe fatte o previste sul Mekong (fonte Bbc online)

Xayaburi è il primo impianto idroelettrico su vasta scala che sorge proprio sul corso principale del Mekong e non sugli affluenti, primo di una lunga serie prevista dalle sorgenti del Tibet alle ultime rapide (vedi cartina della Bbc).

PESCI E COOPERAZIONE – L’inaugurazione ufficiale dei lavori di Xayaburi – che si concluderano nel 2019 con un costo di tre miliardi e mezzo di dollari – avviene proprio per limitare l’impatto delle proteste che potevano turbare le delegazioni ospiti. Poco importa che tra i punti all’ordine del giorno dei due giorni di incontri internazionali, ci fossero stati ufficialmente tutti quelli che interessano i  rappresentanti dei diritti umani e gli ambientalisti. Oltre alla cooperazione economica, figuravano i temi dei cambiamenti climatici, dell’energia, della sicurezza alimentare e dello sviluppo.

ENERGIA E SVILUPPO – E’ un fatto che la diga da 1285 Megawatt potrà illuminare Bangkok e dare corrente alle fabbriche thai, ma è anche un fatto che tra le prime vittime di questo obiettivo di sviluppo ci sono i poveri pesci che non si intendono di economia, ma saranno ostacolati dalla diga e avranno difficoltà a ridiscendere il fiume per riprodursi. Con loro, restano a monte i sedimenti di limo per le coltivazioni. Il Laos e le ditte thai hanno promesso – per ovviare a questi problemi – un sistema di trasporto delle sabbie fertili a valle coi mezzi meccanici, e di “ascensori” nell’acqua per aiutare i pesci a superare la diga, così da andarsene un po’ sorpresi del diversivo ma sani e salvi verso il loro destino. Pochi credono pero’ che funzionerebbe, e la storia dei pesci che salgono e scendono il Mekong su scale mobili è diventata la barzelletta amara di tutti i pescatori lungo i 4400 chilometri del suo corso.

SICUREZZA ALIMENTARE – Di fatto la preoccupazione dell’Asem per l’obiettivo della sicurezza alimentare non impedisce a larghe fette di popolazioni sopravvissute per secoli grazie al Mekong di restare senza niente e senza nemmeno compensazioni per la diga, perchè il blocco avviene in un altro Paese, che reclama come proprio l’intero tratto di fiume entro i confini per farci cio’ che gli conviene.

Veduta del Tonle Sap

Veduta del Tonle Sap

Ma un corso d’acqua è il primo simbolo dell’interdipendenza reciproca tra popoli e natura. Basterebbe pensare agli effetti di una grossa diga a monte del grande lago Tonle Sap vicino Phnom Penh, che con le piene e risacche del Mekong fa moltiplicare i pesci per rifornire di proteine oltre il 70 per cento dei cambogiani, o al delta di My Tho, Vinh Long, Chau Doc, reso fertile dal Fiume Madre, altrettanto generoso di riso e prodotti ittici per milioni di vietnamiti.

ALLEATI – Del resto esistono già quattro dighe cinesi a monte, più piccole di Xayaburi ma altrettanto rischiose, e molte altre sono in costruzione o in progetto lungo tutto il percorso fino in Vietnam, l’unico che ancora resiste alla tentazione di sfruttare il fiume aggredendolo, poiché è il destinatario finale dei problemi, più che dei benefici. La Cambogia tace perché la Cina è un’alleata commerciale e politica decisiva, e Phnom Penh ha già dimostrato di stare dalla parte di Pechino durante la presidenza dell’Asean, contro gli altri membri che rivendicavano le isole contese nel Mare cinese meridionale. Il Vietnam fa buon viso e cattivo gioco, perché nonostante gli antichi rancori e la sfida sull’arcipelago Spratly, teme una reazione politica ed economica del gigante vicino.

IL SILENZIO – Di certo le cifre in ballo in vertici come quello dell’Asem – una sorta di vetrina dei prodotti da scambiare – sono tali da giustificare il silenzio anche di tutti gli altri, non direttamente coinvolti. “I 51 membri dell’ASEM – riferisce con orgoglio il website del nostro governo – costituiscono il 58% della popolazione mondiale ed il 60% del commercio internazionale”. Ma, ripetuto 51 volte, tale silenzio la dice lunga sul tipo di “sviluppo” che si intende a Est e Ovest quando si usa ufficialmente il termine “cooperazione tra i due emisferi”.

Principalmente, sono scambi commerciali a catena tra Paesi che traggono ricchezza da questo meccanismo di sfruttamento delle risorse naturali e umane, mentre gli Stati che ne vengono impoveriti forniscono manodopera a basso costo, e lasciano impiantare fabbriche tessili senza diritti sindacali, così da offrire a prezzi vantaggiosi le magliette di cotone o le borse finte griffate ai mercati occidentali e asiatici. Ma non esistono alternative valide finora accettate a queste forme di capitalismo globale, e se esistono non fanno parte delle agende di questo genere di incontri.

CAMBIAMENTI CLIMATICI – Pochi dubbi che il taglio delle foreste vergini laotiane per la diga potrebbe condizionare anche i cambiamenti climatici, l’altro tema all’OdG dell’Asem. Ma al vertice euroasiatico le stesse voci dei Paesi direttamente colpiti dalla diga di Xayaburi, se si sono pronunciate, lo hanno fatto in sordina. Non ci sono pescatori e contadini nelle stanze delle riunioni.

Alla vigilia dell’Asem gli Stati Uniti, ancora la prima potenza mondiale, (e in fase di espansione dei propri interessi nell’emisfero australe),  sono stati gli unici con la voce grossa a denunciare pubblicamente i pericoli della diga di Xayaburi, con una nota critica del Dipartimento di Stato. Ma forse l’interesse di Washington, solo marginalmente impegnata in politica estera durante la sfida elettorale, ha a che fare piu’ con la paura di vedere crescere la dipendenza dei Paesi asiatici del Sud est dal colosso suo concorrente per eccellenza, lo sfidante alla guida dell’economia mondiale, la Cina.

Quella ambientalista potrebbe essere dunque una mossa di facciata dell’America, che non cambierà infatti la relazione di dipendenza reciproca con la Thailandia perché ha finanziato la diga. Se Bangkok da una parte sfrutta le acque e le foreste laotiane facendo arrabbiare la Casa Bianca, garantisce d’altra parte al Pentagono un alleato regionale di fiducia, capace se serve di consegnare alla Cia un terrorista islamico con una semplice telefonata informale.

GLI EUROPEI – Quanto agli europei, che occupano ben più di metà della platea Asem, erano gli ultimi a voler sollevare casi del genere che riguardano le relazioni tra Paesi dell’area, non foss’altro per non turbare il clima di armonia che si cerca di stabilire durante incontri e pranzi di lavoro dai quali potrebbe dipendere la sorte di parecchie economie – dunque famiglie – della traballante eurozona. Il nostro governo, come tutti i delegati del Vecchio Continente, ha dovuto corteggiare diplomaticamente il premier cinese Wen Jiabao per fargli tirare fuori 3000 miliardi destinati alle riserve di valuta estera e comprare fondi europei. Sarebbe stato ovviamente indelicato chiedergli conto di punto in bianco della sua politica estera o ambientale.

Naw Kham

Naw Kham in ginocchio davanti alla Corte

POST SCRIPTUM – Poco più di un anno fa raccontammo la storia dei 13 marinai cinesi uccisi a bordo di una chiatta che viaggiava lungo il Mekong ai confini tra Laos e Thailandia. http://bultrini.blogautore.repubblica.it… Per dovere di cronaca dobbiamo aggiornare la notizia perché ieri è stata emessa a Kunming, in Cina, la sentenza di morte contro il bandito e trafficante dell’etnia Shan, Naw Kham, accusato dei delitti assieme ad altri membri della sua banda. I giudici cinesi lo accusano di averli fatti uccidere perchè non volevano pagare la gabella di passaggio nel tratto di fiume controllato dalla sua gang al cuore delle tenebre del Sud Est, nel celebre Triangolo d’oro dell’eroina.

Anche se viveva dei traffici di droga e delle estorsioni, Kham era pero’ considerato una specie di Robin Hood da molta gente che vive sul Mekong tra Birmania, Laos e Thailandia, perché era rimasto l’unico a opporsi – con i suoi metodi poco ortodossi – all’invasione di chiatte e barche cinesi provenienti dallo Yunnan cariche di merci dirette nei mercati del Sud Est, che tolgono clienti ai contadini locali.

Con l’arresto e la condanna a morte di Naw Kham e di parte della banda, la Cina è ora tornata a far navigare le sue navi commerciali grazie alla protezione di motoscafi veloci, con equipaggi congiunti di soldati thai, laotiani e birmani diretti da capipattuglia cinesi.

Ma la vicenda di Naw Kham e la sua eventuale morte per esecuzione ha fatto anche scoprire legami ambigui tra pezzi dell’esercito thai dislocato ai confini e personaggi ambigui come Naw Kham, che ha ammesso la sua responsabilità e promesso una compensazione da un milione di dollari alle famiglie dei marinai uccisi. Nove soldati dipendenti dal Comando del Nord Est thailandese sono stati arrestati come esecutori materiali dei delitti al soldo del trafficante, che dopo aver fatto uccidere gli equipaggi cinesi, sostituì le loro merci con pasticche di metamfetamine.

Per questo dopo i 13 delitti sbarco’ in Thailandia una delegazione di investigatori guidata dal vice ministro della Sicurezza cinese. Pechino volle sincerarsi che i pericoli all’espansione via fiume fossero superati. Ma anche dopo l’arresto di Naw Kham gli atti di pirateria sono continuati, compresi i traffici illegali paralleli favoriti dalla corruzione. Fenomeno del quale nemmeno Pechino è riuscito a liberarsi.


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